STEFANO VITALE
Opera 1a classificata
Fili strappati
È sempre in attesa
sorda campana
dagli occhi maliardi
sigaro in bocca
capelli freddi
di luce.
Attende paziente
al prossimo crocevia
attende il guizzo smarrito
di un pensiero sgranato.
Lo sguardo si posa
sulla penna,
inutile astrale
residuo di vita,
ora accarezza le lenti
le carte stravolte
i libri affettuosi:
fili bavosi
di ragno che si legano
al rimpianto atterrito
di chi
non è più
un bambino
per parlare di sé
come di uno sconosciuto.
Restano le cose:
e ci chiedono, inquiete,
cura
almeno per gli altri.
PAOLA URSO
Opera 2a classificata
Palcoscenico (senza storia)
Tu, così lontana veemenza,
un’anima tanto amara coglievo
assaggiando il tuo vivere;
cosa mancava all’essere noi,
nel gusto di un futuro che non poteva
guardarci assorti in un unico pensiero;
sdegnosa verità del nostro inquieto
destino dove il sogno, ad ogni
perduto albeggiare, ancora s’attarda…
E io sono qui, nell’ardire di attendere
di fronte a questo offuscato palco,
falsa ribalta ove nessuno ha recitato mai;
e mi rallento in questo vuoto incanto
ebbro di una scena creduta realtà, dove
è scorso, anonimo, un giorno non vissuto…
Rincorro le ultime macerie dell’illusione
Finale, e nel buio di uno smantellato
Scenario, raccolgo lacere le mie sole vesti…
PIETRO CATALANO
Opera 3a classificata
Il tempo rubato
Le ore scorrono
lungo margini indefiniti
e sembrano volteggiare
verso incerte speranze.
I padroni del mondo
rubano il mio tempo
e scrivono della vita
pagine bianche
con inchiostro simpatico
fingendo interesse ai miei bisogni.
I signori delle menzogne
rubano il tempo
alla fantasia e alla gioia,
e comprano note musicali
con moneta pesante,
come le membra la sera disfatte.
L’aurora sanguina ancora
sopra il grano nei campi
ed il miele degli amori
dorme in lacrime di vetro,
e l’anima si ribella
alla cupidigia dei potenti,
servi della forza dell’effimero,
caduti nel tempo delle ombre.
MARCO USAI
Opera 4a classificata
Ore piccole
Sei meno un quarto
Morfeo mi attendeva
ma lei gelosa
non voleva,
nuda
volteggiava sul mio corpo,
dal collo ai fianchi
fin giù,
per poi risalire,
non un attimo di tregua
di respiro,
inutilmente le mie mani
respingevano la sua bramosia,
con lo sguardo seguivo
ogni suo movimento
e quando fu il momento,
la tenni stretta a me
sul mio petto villoso,
fino all’ultimo respiro.
Maledetta zanzara.
MASSIMO AGNOLET
Opera 5a classificata
Letto vuoto
Vuoto e freddo questo letto,
mi giro e mi allungo,
sfrutto la diagonale,
posso espandermi,
invado lo spazio,
guardo un film,
leggo un libro,
corro in bici,
arrampico,
fantastico,
viaggio,
navigo,
rotolo,
corro,
volo,
mio,
io,
tutto mio
solo io.
Amore…
Immensa è la tua assenza.
CRISTIANO COMELLI
Opera 6a classificata
Lamento di uno schiavo della droga
Siringa che sogghigni
sotto la suola color ruggine d’un ignaro passante
sui miei rantolii ancora fanciulli
che danzano in un vento di metallo
sei riuscita a strappare le mie membra
alle ineffabili carezze del tempo
e mi hai lasciato impiccato
al palo di una maleodorante stazione
sospeso tra essere e non voler essere
preso a morsi dai miei problemi
e con la pelle ricolma delle lacrime
di una speranza incapace di invadermi.
Una sola vena, ormai priva di respiro
mi è rimasta per vomitarti addosso
tutto il mio abissale disprezzo
i miei pochi denti hanno serrato la porta
a un simulacro di felicità
il tremore mi colonizza
nell’approssimarsi del supremo passaggio.
ADRIANA SCARPA
Opera 7a classificata
Pensieri – Monologhi
Gli specchi e gli orologi alle pareti
son testimoni delle nostre sconfitte
dei nostri disinganni.
Tentammo inutilmente di fermare
il lieto istante di un volto, di un sorriso.
Ora qui vengono i fantasmi ad incontrarci.
Dar loro ascolto? Meglio impugnare
il binocolo al contrario per rimpicciolirli
a ricacciarli dentro il loro limbo.
Anche se a notte li sentiremo ritornare.
Bussando ai vetri con le nocche d’ossa
mendicheranno epiloghi alle irrisolte storie
e bramosi di luce tenteranno
di depredare gli occhi delle stelle.
Stelle che a notte scendono a incontrarci
silenziose esplorano gli angoli, sfiorano
le venature azzurre del respiro.
Tentare un dialogo con loro
è suono di chiarine di cristallo
eco soave che dischiude un varco
sul soffitto e tutto il cielo allora
vi si tuffa dentro con battiti segreti
con luccichio di polveri galattiche.
Tra i capelli ci resta
il sigillo di una cometa,
grano di avorio incastonato
seta oscura, goccia laplislazzulo.
Alchimia diventa allora districare
la matassa dei pensieri-monologhi
dal nido rugiadoso dei sogni.
ROSINA MORO
Opera 8a classificata
Filastrocca danzante
Stai lì ad aspettare ferma e tranquilla
che qualcuno apra il libro e inizi ad accarezzarti
parola dopo parola, come si accarezza l’amante.
Cominci così a regalare sensazioni.
La prima carezza è sguardo curioso,
scende la carezza al collo, brividi di piacere e tanta, tanta dolcezza.
Si allungano sguardo e carezze sulle braccia soffermandosi alle mani.
Mani forti, mani delicate, mani sottili, mani avide sfiorano ogni lettera,
accarezzano ogni parola più volte assaporandone la sensualità.
Diventi così la filastrocca danzante
racchiusa in uno spazio solo bianco.
Danzano le parole carezzevoli lungo questo spazio creando gemiti e sussurri.
Si ferma il cuore all’ennesima carezza dell’ultima parola.
“Vita che crei ingorghi di sentimenti
che si perdono e si ritrovano,
vita che sorridi pianificando tragitti troppo desiderati
fa che questa filastrocca danzante resti lì nel tempo ad aspettare
che qualcuno si fermi innanzi al libro aperto
e curioso cominci a leggere così lentamente,
così intensamente da accarezzare ogni parola
per sentirsi a sua volta accarezzato.
GIORGIO DEI ROSSI
Opera 9a classificata
Ho visto
Ho visto dall’alto
volando leggero
spazi di giallo accecante.
Immerso in blu eleganti
Ho cercato profumi
e sete cinesi.
Oggi, cicala nel fango,
pago peccati di orgoglio
a formiche esultanti.
DIEGO LAURENTI
Opera 10a classificata
Dentro casa
Poi scenderemo
ancora giù da basso,
come quando
comparivi alla scala
recando la camomilla
o una tazza bollente di tè
negli ultimi febbricitanti
giorni di febbraio
ai primi soli tersi
scioltisi i freddi invernali.
Ecco il cerchio conchiudersi.
Sarà come…
tornare dentro casa…
Nella sua sovrana sapienza
la vita
ad ogni suo passo
riscopre una qualche
sua antica pietà.
SEZIONE POESIA IN VERNACOLO
GIUSEPPE EMANUELE
Opera 1a classificata Sezione in vernacolo pavese
Angiòlu
Adàsi adàsi pugiàndas àl bastòn
Angiòlu, l òrb, ògni matìna àl và
a la cièsa ad Sàn Giòrg pàr i funsiòn,
a tirà al màntas: l è nò una nuità!
L è tànti àn ch àl fa ch àl.masté lì:
bràv a dàgh a l òrgan giüst un fià,
né pòch nétànt, pàr fa bén sinti
gni föra da i càn la tunalità.
Ál viva cui suldéi ch ágh dà la gént,
cui bunamán di batésam e di ufisi.
L è súl, súl mé un Críst e veramént
Séensa una vöia, sénsa mài un sfisi.
La so cà l è un tügüri: un tàul, una cadréga,
un lét ad fèr e quàtar barlafüs,
rénta àl fuglà tri fasinéi a méga
e tànta stràs che i ràt gh àn fài al büs.
Ògni sìra àl mangia strachéi e pulénta,
sémpar àl scür (gh è nò bsògn d una candìla),
al pògia la tésta biánca e s indurménta,
intánt i ràgn dàl travát i fán la fila.
Ma stanòt Angiòlu, che mài ás laménta,
ál váda a càp dal lét un Ángiul in sògn
che pián pián, andánda a rénta,
ágh disa: “Sü! Trà via al bastòn! Ál fa pü bsògn!”
CARLO GRIGIONI
Opera 2a classificata Sez. in vernacolo pavese
Al fiö d’lä Cätärinä
Al fiö d’lä Cätärinä l‘è mälà.
Al dutur Mussini ‘l’ha visità;
e pö, ä basä vus, quasi cun värgognä l’ha dichiärà:
“L‘è cunsünt, ghè pü gnent dä fa”
Lä Cätärinä dal dulur, l‘è stai trì dì sensä pärlà;
pö, l‘è s’ciupà.
I donn di cà ‘d Mäinin, sintand’lä piäns,
jen curs ä väd…
...Oh Signur, oh Mädonä d’lä Duslinä,
fè guärì äl fiö d’lä Cätärinä,
si d’no lä mörä ‘n’cä lè...
...d’int‘äl let däl sulè mort äl povär fiö
l’ivä sintù...
...Mà, piänsè no,
pärchè ‘m’Paradis mi vo,
insem’i nonu Cichin e Madlinin che m’hän älvà
intant che vü ser’vä mundà.
DANIELE GUGLIELMINETTI
Opera 3a classificata Sez. in vernacolo pavese
La fiucada
Fon du pas par la cità
ad bunura son gnu sü
a.sta not a la fiucà
l’era un po’ cas vidiva pü
a m’son mis sü, al mé giacön
cul pesant, cun sciarpa e guänt
ed inaugura i scarpon
mai druà, ma pagà tant
Anti strà ghé un bel pacioc
ed i machin i son cuarcià
i marciapé ien pulì poc
e tri muchion fan a balucà
Par che l’viagia l‘è un po’ dura
specialment chi l’vá luntan
se stanot a fioca ancura
va finì cal fa di dan
Quanda rivi a la stasion
giri i tac e turna indrera
guardi denta al funtanon
che l‘è propi ‘na giasera
A gò i pe che i son a slá
sti scarpon ien ‘na giulada
tan cam meta a strarnudá
senta dí “che bela fiucada!”